PROTOCOLLO COVID-19: quali sono le differenze dopo un anno di pandemia?

Come tutti sappiamo per far fronte all’evolversi dell’emergenza mondiale da COVID-19, sono stati redatti e pubblicati diversi protocolli condivisi tra i ministeri e le varie associazioni, al fine di garantire una corretta gestione della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro .

In particolare, il 6 aprile 2021 è stato sottoscritto il “ Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2 / COVID-19 negli ambienti di lavoro ” che aggiorna e rinnova i precedenti accordi, approvati successivamente alla dichiarazione dello stato di emergenza nel nostro Paese. Di seguito, andremo a scoprire le varie differenze che emergono tra i due protocolli pubblicati a un anno di distanza.

Il nuovo protocollo riprende nella sostanza quanto previsto nel precedente allineandolo alla legislazione emanata nel corso dell’ultimo anno ma presenta alcune novità. Il protocollo approvato il 06/04/2021 richiama il DPCM 11/03/2020 ricordando le principali indicazioni da adottare nei luoghi di lavoro contenuti in quest’ultimo provvedimento.

Nella premessa del nuovo protocollo viene specificata meglio la raccomandazione sul massimo utilizzo ove possibile, del lavoro agile o da remoto da parte dei datori di lavoro, che può garantire ai lavoratori le adeguate condizioni lavorative.

Nessuna variazione è contenuta nel nuovo protocollo per quanto riguarda gli oggetti di informazione da parte dell’azienda sulle misure anti-contagio e sulle modalità di accesso ai luoghi di lavoro, salva la precisazione che laddove il protocollo fa riferimento all’uso della mascherina chirurgica, è fatta salva l’ipotesi che, per i rischi presenti nella mansione specifica, siano già previsti strumenti di protezione individuale di tutela di tipo superiore o di diversa tipologia.

Per quanto riguarda l’accesso all’azienda (riammissione in azienda di lavoratori risultati positivi al Covid-19), il nuovo protocollo richiama i più recenti provvedimenti e si allinea ad essi. In particolare, prevede che la riammissione al lavoro dopo l’infezione da virus SARS-CoV-2/COVID-19 avverrà secondo le modalità previste nella normativa vigente (circolare del Ministero della salute del 12 ottobre 2020 ed eventuali istruzioni successive). Inoltre, i lavoratori positivi oltre il ventunesimo giorno saranno riammessi al lavoro solo dopo la negativizzazione del tampone molecolare o antigenico effettuato in struttura accreditata o autorizzata dal servizio sanitario. Ai sensi della, già menzionata, circolare con le indicazioni di riammissione in servizio dei lavoratori dopo assenza per malattia COVID-19 correlata oltre ai casi di ricovero ospedaliero sopra indicato si possono configurare le seguenti casistiche:

  • Lavoratori positivi sintomatici: i lavoratori risultati positivi alla ricerca di SARS-CoV-2 e che presentano sintomi di malattia (diversi di quelli di polmonite o infezione respiratoria acuta grave) possono rientrare in servizio dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa dei sintomi (non considerando anosmia e ageusia/disgeusia che possono avere prolungata persistenza nel tempo) accompagnato da un test molecolare con riscontro negativo eseguito dopo almeno 3 giorni senza sintomi (10 giorni, di cui almeno 3 giorni senza sintomi + test)
  • Lavoratori positivi asintomatici: i lavoratori risultati positivi alla ricerca di SARS-CoV-2 ma asintomatici per tutto il periodo possono rientrare in servizio dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa della positività, al termine del quale risulti eseguito un test molecolare con risultato negativo (10 giorni + test)

Pertanto, queste due tipologie di lavoratori (lavoratori positivi sintomatici e lavoratori positivi asintomatici) ai fini del reintegro, inviano anche in modalità telematica al datore di lavoro, tramite il medico competente, la certificazione di avvenuta negativizzazione, secondo le modalità previste dalla normativa vigente.

I lavoratori positivi la cui guarigione sia stata certificata da tampone negativo, qualora abbiano contemporaneamente nel proprio nucleo familiare convivente casi ancora positivi non devono essere considerati contatti stretti con obbligo di quarantena ma possono essere riammessi in servizio con le modalità sopra indicate.

  • Lavoratori positivi a lungo termine: in applicazione al principio di massima precauzione i lavoratori risultati positivi dopo 21 giorni dalla comparsa dei sintomi potranno essere riammessi al lavoro solo dopo la negativizzazione del tampone molecolare o antigienico effettuato in struttura accreditata o autorizzata dal servizio sanitario; il lavoratore avrà cura di inviare tale referto, anche in modalità telematica, al datore di lavoro, per il tramite del medico competente. Il periodo intercorrente tra il rilascio di attestazione di fine isolamento e la negativizzazione se non coperto da lavoro agile dovrà essere coperto da certificato di prolungamento della malattia rilasciato dal medico curante, ma non è necessario effettuare la visita medica dal medico competente.
  • Lavoratore contatto stretto asintomatico: il lavoratore che sia un contatto stretto di un caso positivo informa il proprio medico curante che rilascia la certificazione medica di malattia salvo che il lavoratore non possa essere messo in modalità di lavoro agile. Per la riammissione in servizio il lavoratore dopo avere effettuato la quarantena di 10 giorni dall’ultimo contatto con il positivo, di sottopone all’esecuzione del tampone e il referto di negatività del tampone molecolare o antigienico è trasmesso dal Dipartimento di Sanità Pubblica o dal laboratorio dove il test è stato effettuato al lavoratore che ne informa il datore di lavoro tramite il medico competente.

 

Il nuovo protocollo anti-contagio nei luoghi di lavoro richiama inoltre le ulteriori “linee guida per la riapertura delle Attività Economiche, Produttive e Ricreative” da applicare per le aziende che svolgono tali attività.

Una delle principali novità rispetto al precedente protocollo riguarda l’obbligo di utilizzo dei dispositivi di protezione individuale. Il nuovo protocollo definisce chiaramente quali sono i DPI da utilizzare (mascherine chirurgiche) di cui all’art. 16 – comma 1 – del D.L. 17/3/2020 convertito dalla Legge n. 27 del 24/4/2020.

Le mascherine chirurgiche o DPI per la protezione delle vie respiratorie con caratteristiche superiori (FFP2 e FFP3) devono essere utilizzati in tutti i casi di condivisione del luogo di lavoro, al chiuso e all’aperto. A differenza del precedente protocollo, non compare più quindi la possibilità di non utilizzare le mascherine mantenendo una distanza superiore a 1 metro in luoghi in cui sono presenti più lavoratori.

Riguardo le precauzioni igieniche (detergente per le mani) viene richiamato il documento OMS che riporta le indicazioni per la preparazione da parte dell’azienda del liquido detergente e si aggiunge che questi ultimi devono essere accessibili a tutti i lavoratori anche grazie a specifici dispenser collocati in punti facilmente individuabili.

Con riferimento alla rimodulazione degli spazi di lavoro si dà la possibilità ai lavoratori che possono lavorare da soli, di essere posizionati, per il periodo transitorio, in spazi ricavati, ad esempio, da uffici inutilizzati o sale riunioni.

Il nuovo protocollo, a differenza del precedente, consente le trasferte nazionali e internazionali, specificando che il datore di lavoro, in collaborazione con il MC e il RSPP, deve valutare il contesto associato alle diverse tipologie di trasferte previste.

Il nuovo protocollo ribadisce che non sono consentite le riunioni, a meno che le stesse non abbiano carattere di necessità, urgenze e non sia possibile svolgerle da remoto. In tal caso dovranno svolgersi garantendo il distanziamento interpersonale, l’uso della mascherina chirurgica o dispositivi di protezione individuale di livello superiore, un’adeguata pulizia e aerazione dei locali.

I lavoratori devono ricevere la formazione in materia di salute e sicurezza come previsto dalla legislazione vigente, sia riguardo la formazione di base che di aggiornamento. È quindi consentito lo svolgimento di attività formative secondo le disposizioni emanate dalle singole regioni, quali i corsi di formazione da effettuare in materia di protezione civile, salute e sicurezza e l’attività formativa in presenza, ove necessario, nell’ambito di tirocini, stage e attività di laboratorio, a condizione che siano rispettate le misure di cui al documento pubblicato dall’INAIL. Ne segue, quindi, l’obbligo di ripresa delle attività formative di aggiornamento.

Infine, nel nuovo protocollo si assiste a una crescita del ruolo del medico competente, il quale potrà suggerire l’adozione di strategie di test / screening al fine di limitare la diffusione del virus COVID-19, tenuto in considerazione quanto descritto nella circolare del Ministero della salute dell’8 gennaio 2021 e l’andamento epidemiologico nel territorio di riferimento.