INFORTUNIO MORTALE DI UN ADDETTO ALLA MANUTENZIONE

Un dirigente è stato condannato in primo grado con l’accusa di omicidio colposo per il fatto di non aver sottoposto ad adeguata manutenzione le ghiere dei cuscini delle presse (risultate non adeguatamente serrate) e per non aver analizzato ed affrontato le criticità che avrebbero potuto crearsi a fronte dell’attività dei manutentori. La vittima, che stava svolgendo dei lavori di manutenzione su una pressa, era dipendente di una ditta esterna e stava tentando di sbloccare un cuscino pneumatico, facendo leva con il palanchino, quando era stata investita violentemente dal cuscino, fuoriuscito improvvisamente dal suo alloggiamento. Il dirigente ha presentato ricorso poiché, a suo avviso, la causa del distacco della ghiera, con conseguente espulsione del cuscino, che aveva investito il lavoratore, era da individuarsi nel cedimento della filettatura invece che nell’insufficiente serraggio della ghiera.

Peraltro, sembrerebbe molto più plausibile che sia stata proprio l’azione dell’infortunato, il quale era salito sul componente nella speranza di sbloccarlo facendo leva con il palanchino, a causare il sinistro. Tale operazione, infatti, era stata decisa dall’addetto alla manutenzione, in assoluta autonomia, senza che alcuno della ditta committente lo avesse coadiuvato. Lo stesso giudice a quo aveva evidenziato che, al verificarsi dell’infortunio, avevano concorso sia l’immissione di aria compressa all’interno del circuito (avendo consentito la risalita del cuscino) che l’azione del palanchino (avendo permesso di sbloccare il cuscino, che a seguito della violenta ed improvvisa espulsione, aveva divelto la ghiera). La vittima, dunque, aveva inserito il palanchino nell’intercapedine tra il cuscino ed il suo alloggiamento pur sapendo di avere, in precedenza, dato indicazione di immettere aria compressa nel circuito.

Si noti che, ai sensi del D.Lgs. n. 81/2008, il titolare della ditta appaltatrice ha il compito di valutare i rischi intrinsecamente correlati all’esercizio dell’attività lavorativa e mettere in campo tutte le azioni atte ad evitare che si verifichino eventi lesivi dell’incolumità fisica, anche nell’ipotesi in cui siffatti rischi siano conseguenti ad eventuali negligenze, imprudenze e disattenzioni dei suoi lavoratori subordinati. Tale datore di lavoro non può dunque esimersi da responsabilità ove il lavoratore esplichi un compito che, anche se inutile ed imprudente, rientri comunque nell’ambito delle sue attribuzioni (Cass., Sez. 4, n. 23292 del 28-4-2011, Rv. 250710) e non risulti eccentrico rispetto alle mansioni a lui specificatamente assegnate, nell’ambito del ciclo produttivo (Cass., Sez. 4, n. 7985 del 10-10-2013, Rv. 259313).

Tuttavia, a norma dell’art. 41, comma 2 del codice penale, il nesso causale deve considerarsi interrotto allorché intervenga una causa sopravvenuta, sufficiente da sola a determinare l’evento. L’interruzione del nesso causale è ravvisabile ogni qualvolta il lavoratore ponga in essere una condotta del tutto estranea ed incompatibile con le normali procedure operative, oppure non osservi precise disposizioni antinfortunistiche. In tali casi, è configurabile la colpa dell’infortunato nella produzione dell’evento, con esclusione della responsabilità penale del titolare della posizione di garanzia (Cass., Sez. 4, 27-2-1984, Monti, Rv. 164645; Sez 4, 11-2-1991, Lapi, Rv. 188202).

Nella sequenza eziologica di tale evento si inserisce un fattore causale che ha innescato una categoria di rischio del tutto nuova rispetto a quella determinata dal difetto di un’adeguata manutenzione del macchinario (motivazione della sentenza di primo grado). Lo stesso giudice a quo aveva evidenziato la circostanza che fosse “esploso” solo il cuscino di sinistra, benché altre ghiere fossero allentate. Ciò si spiega proprio con la repentinità dello sblocco, conseguente all’uso del palanchino per far leva sul cuscino inceppato, contemporaneamente all’immissione dell’aria compressa nel circuito. Considerando anche che tale comportamento era stato posto in essere da un operatore specificatamente addetto alla manutenzione, è fuori discussione che vi sia interruzione del nesso di causalità rispetto alla condotta dell’imputato, consistente nell’inadeguata manutenzione del macchinario. La sentenza impugnata dal dirigente è stata dunque annullata senza rinvio nei confronti dell’imputato per non aver commesso il fatto (Cassazione Penale, Sez. 4, 11 luglio 2018, n. 31615).